Cei, a febbraio l’incontro sul Mediterraneo: il commento di Claudio Descalzi
Dal 19 al 23 febbraio si terrà a Bari “Mediterraneo, frontiera di pace”, un incontro organizzato dalla Cei tra più di 50 vescovi provenienti dai paesi dell’area: l’obiettivo è lavorare in sinergia per offrire risposte concrete a quei territori che ad oggi sono palcoscenico di guerre civili, emigrazioni e persecuzioni. Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni e attivo nel comitato organizzatore, porterà all’evento il punto di vista della multinazionale dell’energia.
Claudio Descalzi, l’analisi dell’area in vista del sinodo “Mediterraneo, frontiera di pace”
Il pomeriggio di sabato 22 febbraio, presso il teatro Petruzzelli di Bari, si terrà l’evento di chiusura di “Mediterraneo, frontiera di pace”, un appuntamento di confronto a porte chiuse tra oltre 50 vescovi voluto dalla Comunità Episcopale Italiana. Claudio Descalzi , che oltre a rappresentare Eni fa parte del comitato organizzatore dell’evento, sarà uno dei relatori del momento di confronto aperto al pubblico. Attraverso l’incontro tra i vescovi, la Cei vuole creare le condizioni per iniziare dei percorsi che portino concretamente alla risoluzione di tutti i problemi che caratterizzano l’area mediterranea, in particolar modo Africa e Medio Oriente: “Il Mediterraneo è una comunità di circa 500 milioni di persone, rappresenta il 7% della popolazione globale e produce il 10% del Prodotto interno lordo mondiale. C’è povertà. C’è divisione. Ci sono risorse energetiche – spiega l’Amministratore Delegato – ma centinaia di migliaia di persone in quegli stessi Paesi non hanno accesso all’energia elettrica. L’evento sul Mediterraneo promosso dai vescovi italiani approfondisce questi temi”. La multinazionale, che vanta rapporti commerciali decennali con la maggioranza dei paesi nordafricani, ha cercato di incidere nello sviluppo delle realtà locali dove ha operato grazie a politiche di sostegno e inclusività, seguendo l’approccio voluto nei primi anni da Enrico Mattei. Secondo il manager, lo sforzo di Eni si perde tuttavia nel modello di sviluppo economico ancora preponderante ma che ha dimostrato ampiamente le sue falle: “Basti pensare che l’Africa rappresenta il 17% della popolazione mondiale, quanto tutti i Paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ma solo il 5% del Pil mondiale, contro il 44% dei Paesi Oecd”. Per superare questo immenso gap, Claudio Descalzi mette l’accento sulla creazione di una politica estera comune, specie tra i Paesi bagnati dal Mediterraneo, e pone l’Italia al centro di questa operazione: “L’Italia ha una posizione strategica nel Mediterraneo, ne è il centro geografico, il ponte naturale tra sponda sud ed Europa. Abbiamo il dovere di farci promotori del dialogo internazionale, facilitando soluzioni diplomatiche che portino alla stabilizzazione della regione”.
Gruppo Eni, Claudio Descalzi illustra il “modello africano”
In Africa 600 milioni di persone non hanno accesso all’elettricità, praticamente il 50% degli abitanti. Il Gruppo Eni, che dalla sua nascita ha sempre individuato i Paesi africani come partner commerciali, fin dalla presidenza di Enrico Mattei ha messo in campo politiche industriali che tenessero conto della realtà socioeconomica in cui operava. “Bisogna lavorare a fianco dei Paesi meno sviluppati, conoscerli, parlare con le istituzioni, parlare con le comunità locali, capire da loro quali sono gli ostacoli allo sviluppo e aiutarli a rimuoverli – spiega l’Amministratore Delegato del Gruppo Claudio Descalzi – non nella logica della pura assistenza ma di una messa a fattor comune delle risorse e delle competenze, impegnandoci per un pieno coinvolgimento nella realtà locale”. Un esempio della strategia perseguita da Eni è il Progetto Africa, grazie al quale alla fine del 2019 è stato inaugurato un centro di formazione agraria in Ghana con l’obiettivo di condividere le competenze e coadiuvare l’imprenditoria locale. “Guardando all’esperienza che stiamo facendo in Eni – conclude Descalzi – adottiamo un modello che non guarda solo al breve termine ma è volto a creare valore di lungo termine per le realtà locali che ci ospitano. Per contribuire al soddisfacimento delle loro necessità primarie, abbiamo investito nelle comunità e per le comunità, fornendo tecnologie e formazione delle persone”.